Piramidi – Appunti di viaggio in Egitto 5/5

Piramidi. Trovo siano quanto di più incredibile abbia costruito l’uomo in tutta la sua storia. Monumenti imponenti e quasi indistruttibili che per millenni sono stati alla mercè di guerre, saccheggi ed eventi atmosferici. Monumenti che già al tempo di Giulio Cesare erano straordinariamente antichi. Molto più antichi di quanto sia per noi oggi, ad esempio, il Colosseo.

Parlando di piramidi si pensa quasi inevitabilmente a quelle famosissime che si trovano nella piana di Giza, la grande città di quasi tre milioni di abitanti che si trova 20 chilometri a sud ovest del Cairo: le piramidi di Cheope, Chefren e di Micerino. E’ meno noto che in Egitto vi sono decine di piramidi ancora visitabili o, quanto meno, ancora visibili. E che alcune di queste piramidi, da un punto di vista storico, rappresentano edifici di straordinario valore trattandosi di una sequenza di tentativi (alcuni decisamente poco riusciti) compiuti dagli architetti per arrivare ai modelli perfetti rappresentati dalle tre piramidi maggiori di Giza.

L’ultima tappa del mio secondo viaggio in Egitto volevo dedicarla proprio alla visita di queste piramidi “minori” e, più precisamente, la Piramide a Gradoni di Saqqara e le due piramidi (Romboidale e Rossa) a Dashur. Purtroppo, per motivi di tempo trattandosi di un luogo abbastanza lontano dal Cairo, non sono riuscito a visitare le imponenti vestigia di una piramide la cui costruzione fallì miseramente: la Piramide parzialmente crollata di Meidum.

Il tragitto dall’aeroporto del Cairo al mio hotel, proprio nei pressi della piana di Giza, fu un incubo. Appena dentro l’aeroporto fui subito assalito da una folla di taxisti e dopo una trattativa estenuante con un paio di loro, scelsi quello che offriva il trasporto per il prezzo più basso. Per uscire dal parcheggio ci vollero quasi quaranta minuti, trascorsi in coda per pagare una tassa. In un contesto di isteria collettiva tra i vari taxisti che suonavano e si tagliavano la strada uno con l’altro, proprio davanti a noi una autovettura tamponò in maniera piuttosto forte un suv, fermo al casello, da cui uscì un donnone gigantesco, senza velo, che prese per il colletto il giovane che l’aveva urtata ricomprendolo di improperi. Accorsero subito alcuni poliziotti che, scena sempre più comica, furono costretti a prendere le difese dell’uomo che stava letteralmente soccombendo di fronte alla furia e alla mole della donna.

Il resto del viaggio, altre due ore e mezza, continuò tra le lamentele in arabo del mio losco taxista, già pentito per la tariffa troppo bassa che avevamo contrattato, e finì davanti al mio hotel con un diverbio tra lui, che pretendeva un adeguamento del prezzo, e me che non ero intenzionato a regalargli neanche una lira visto il modo in cui aveva guidato per tutto il tragitto (più volte si rischiò l’incidente) e come mi stava trattando.

Piramide Romboidale di Snefru (Dashur)

Piramide Romboidale di Snefru (Dashur)

Per fortuna, quando nel tardo pomeriggio uscii nuovamente, nei pressi dell’albergo incontrai quello che per due giorni diventò il mio autista e la mia preziosissima guida personale: il taxista Ibrahim, un uomo tranquillo, molto gioviale, che parlava anche un po’ di inglese. Ci accordammo subito: l’indomani, dopo la mia visita alle piramidi di Giza, mi avrebbe portato a Dashur e al sito archeologico di Menfi e, il giorno successivo, a Saqqara e quindi di nuovo al Cairo in piazza Tahrir, nei pressi della quale si trova il Museo Egizio.

A Giza ammirai nuovamente le tre imponenti piramidi e l’enigmatica Sfinge. Dopo un paio d’ore, quando raggiunsi il parcheggio, Ibrahim era già là ad aspettarmi, sorridente. Prima di dirigersi verso Dashur fece una piccola deviazione entrando nel centro abitato di Giza, fino ad una collinetta da cui si potevano vedere in lontananza, dietro un piccolo palmeto, le tre piramidi affiancate. La vista sarebbe stata effettivamente sublime se non ci fossimo trovati in un posto veramente lurido, pieno di bottiglie di plastica, cocci di vetro e sacchi di spazzatura aperti, alcuni dei quali tracimavamo dagli adiacenti canali del Nilo. Mi rivolsi ad Ibrahim per chiedere come facessero gli abitanti di Giza a non sistemare in qualche modo quel degrado così evidente, ma non mi rispose. Davo per scontato che fosse del Cairo, ma mi sbagliavo. Anche lui era di Giza e, come il resto degli abitanti, pareva non dar troppo peso alla spazzatura che si accumulava appena fuori dalle abitazioni.

Piramide Rossa di Snefru (Dashur)

Piramide Rossa di Snefru (Dashur)

Proseguimmo per Dashur e, dopo una bella salita in mezzo ad una piana praticamente disabitata e senza turisti, intravidi il profilo particolare della piramide Romboidale. Fatta erigere dal padre di Cheope, il faraone Snefru fondatore della IV dinastia, la piramide ha una forma unica. Partendo dalle fondamenta con un angolo troppo pendente gli architetti furono costretti a ridurre l’inclinazione a metà dell’altezza complessiva, per scongiurare il cedimento della struttura. Il risultato è che la piramide ha un doppio angolo, e da ciò deriva la sua denominazione. Poco distante, terzo tentativo fatto compiere da Snefru (il primo è stato la piramide di Meidum), svetta ottimamente conservata la Piramide Rossa, alta più di cento metri e visitabile anche all’interno infilandosi in un ripido e stretto corridoio che scende per una sessantina di metri. E’ questa la prima vera piramide di forma classica costruita dall’uomo. Solo in lontananza vidi ciò che rimane della Piramide Nera di Amenemhat III.

Statua di Ramesse II (Menfi)

Statua di Ramesse II (Menfi)

Ritornando verso Giza ci fermammo a Menfi, luogo leggendario fondato nel 3100 a.C. dal mitico faraone Menes all’atto dell’unificazione dell’Alto e del Basso Egitto. Dopo una breve sosta in un bar del piccolo paese (anche questo degradato e sporco…), andai a visitare l’imponente statua in calcare di Ramesse II. Rientrati a Giza Ibrahim mi accompagnò ad un supermarket della zona: grazie alla sua intercessione finalmente riuscii a comprare alcune bibite al prezzo di mercato corrente tra egiziani ossia circa un quarto di quello che veniva applicato ai turisti.

La mattina seguente con Ibrahim raggiunsi la necropoli di Saqqara. Il luogo per me era veramente interessante perché, finalmente, avrei potuto osservare da vicino la piramide a gradoni di Djoser. In archeologia tale costruzione riveste una importanza straordinaria in quanto rappresenta il primo tentativo, da parte dell’architetto Imhotep, in seguito addirittura deificato, di sopraelevare una classica mastaba (tomba funeraria parallelepipeda) con vari livelli, in tutto sei, via via di dimensioni minori. Il risultato è una struttura a gradoni (o a blocchi) a forma piramidale.

Piramide a gradoni di Djoser (Saqqara)

Piramide a gradoni di Djoser (Saqqara)

La visita alla piramide e alla vasta necropoli, in compagnia di un’invadente e avida guida che però mi condusse in tombe chiuse al pubblico, fu impegnativa. Mi dilungai all’interno di varie tombe (di Akhethotep, di Pthahhotep, di Horemheb, di Mereruka e di Ankhmahor), nella mastaba di Ti, e vidi infine altre piramidi (di Teti, di Unas e di Pepi II) ridotte a poco più di un cumulo di macerie. Al termine raggiunsi Ibrahim che mi portò fino in piazza Tahrir, al Cairo. Non entrai subito al Museo Egizio perché volevo capire che aria si respirava nella famosa piazza che per mesi era stata il fulcro delle violente proteste contro il regime di Mubarak. Notai subito i segni delle recenti rivolte sulle facciate di alcuni palazzi defilati, che presentavano evidenti segni di bruciatura ai piani inferiori. Il clima, nonostante tutto, sembrava abbastanza tranquillo. C’erano molti turisti, più che altro nei pressi del Museo, e moltissima polizia.

All’entrata del Museo si presentò un signore molto distinto che parlava un italiano fluente. Era una delle numerose guide ufficiali “free lance” che accompagnano i visitatori all’interno del museo dando loro la possibilità di vedere un certo numero di pezzi significativi senza correre il rischio di vagare, senza focalizzare alcunchè, tra le decine di migliaia di reperti lì custoditi. Di impulso rifiutai, anche perché sapevo già esattamente cosa volevo vedere, ma poi decisi di “assoldare” la guida. E così il dott. Nasser Fayed, laureato in lingua e letteratura italiana all’Università del Cairo, profondo conoscitore della mia città natale, Venezia, che aveva visitato un più di un’occasione (pernottando a Marghera, precisò subito…) mi condusse per un paio d’ore tra le sale del museo alla ricerca dei reperti di cui chiedevo informazioni. Durante la visita, le mie elementari conoscenze di egittologia furono consolidate e ampliate da Nasser, che si rallegrò dei miei interessi per la storia antica. E così, tra l’altro, ammirai nuovamente i bassorilievi in scisto nero raffiguranti Micerino, la scultura in calcare bianco di Djoser, le incredibili statue dagli occhi vividi raffigurante Rahotep e la moglie Nofret, l’affresco delle oche di Meidum, il viso di Hatshepsut, le rappresentazioni enigmatiche di Akenathon e di Nefertiti del periodo amarniano, i sarcofagi di epoca greco-romana del Fayoum , il tesoro di Tutankhamen…

Il mio viaggio finì praticamente lì. La sera, prima di addormentarmi in hotel, sentii distintamente uno sparo d’arma da fuoco che proveniva da un vicolo del quartiere. In piena notte arrivò Ibrahim, affidabile come al solito, che mi condusse all’aeroporto sfrecciando per le alte rampe della tangenziale del Cairo, con le sue otto corsie che passano in mezzo ai brutti grattacieli alveari della periferia. Fu solo in quel momento che tirò fuori un quadernetto con alcuni commenti, molti in lingua italiana e tutti positivi, che avevano lasciato i vari turisti che aveva trasportato nel corso degli anni. Era proprio una brava persona e scrissi anche io un commento positivo.

Lasciai il Cairo verso le otto di mattina di venerdì 9 settembre 2011. Nella notte tra il 9 e il 10 settembre l’ambasciata israeliana a Giza fu assaltata da un gruppo di rivoltosi egiziani. Il bilancio fu di tre morti e oltre mille feriti.

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