Le case color sabbia di Yazd compaiono solo nel primo pomeriggio.
Ci sono volute alcune ore di autobus per raggiungere la città, percorrendo la strada che da Esfahan scende per poi virare a est fino a questa insolita località. Yazd in effetti non è una città dagli imponenti monumenti ma piuttosto un luogo esotico immerso in un’area desertica, con una incredibile parte vecchia tutta da scoprire. Nel cuore di Yazd le case sono costruite con mattoni di argilla e paglia. Tutti gli edifici hanno il color della sabbia e, rimirando da vicino i muri, si possono notare i pezzetti di fibra vegetale che sono impastati con gli intonaci esterni e con i mattoni stessi. Yazd, inoltre, ha una ulteriore peculiarità ossia il suo particolarissimo skyline fatto da decine e decine di torri squadrate, dalle grandi aperture rettangolari. Si tratta delle torri del vento, sorprendenti “campanili” che hanno la funzione di regolare la temperatura all’interno delle case, fornendo aria calda d’inverno e aria fresca d’estate, mediante efficienti marchingegni meccanici che, di volta in volta, bloccano o convogliano i flussi d’aria lasciando passare solo quelli desiderati. La raccolta guesthouse ove pernotterò nei prossimi giorni è proprio nel cuore della città vecchia. Si accede percorrendo un dedalo di stradine tranquille e silenziose, talmente strette da rendere problematico il passaggio anche delle auto più piccole. Immediatamente percepisco che Yazd mi piacerà molto: non ho ancora visto praticamente nulla ma l’atmosfera di questa città particolare già mi ha catturato.
Passano solo pochi minuti per sbrigare le formalità con l’albergo e subito mi ritrovo a percorrere le viuzze della città vecchia. Decido però di dare un’occhiata dall’alto e raggiungo la terrazza del mio piccolo albergo. Dai tetti la vista è meravigliosa: si possono osservare da vicino le torri del vento e, appena un po’ in lontananza, la grande cupola della Moschea del Venerdì (Masjed-e Jameh) con i due imponenti minareti. In effetti si intuisce perfettamente che a Yazd ci sarà molto da visitare. In qualsiasi direzione si diriga lo sguardo si incontra il profilo di un edificio storico: cupole, torri, minareti, scorci di qualche parco alberato, case tradizionali. Mi riprometto di dedicare la mattinata successiva alla città vecchia e scelgo di raggiungere la Moschea del Venerdì, che si trova proprio al confine tra città vecchia e città moderna. La moschea è magnifica, i due minareti sono grandiosi, il cortile interno è un caleidoscopio di colori: la luce di metà pomeriggio è quella ideale per fotografare questa meraviglia. Passeggiando verso il complesso Amir Chakhmaq, nella parte più moderna, mi accorgo di come Yazd sia una città con ritmi propri, molto diversa dalla caotica Teheran e dall’elegante Esfahan. Qui i negozi sono chiusi per gran parte del pomeriggio, salvo qualche rara eccezione, e non è nemmeno stabilito in modo regolare quale sia l’orario di apertura.
Sono in cerca di un posto dove ricaricare la sim del mio cellulare: un gentile negoziante mi dice di provare ad un certo indirizzo, non prima però delle cinque del pomeriggio, anche se non è affatto sicuro che il negozio riaprirà effettivamente a quell’ora. La parte moderna non è particolarmente bella. Ai lati del largo stradone Imam Khomeini vi sono la maggior parte dei negozi. Ad un certo punto un grande incrocio disegna una sorta di piazza, a sud della quale si staglia l’imponente profilo del complesso di Amir Chakhmaq, una specie di enorme facciata con archi su tre livelli, relativamente recente, con file di nicchie decorate che, alla luce del tardo pomeriggio, disegnano bei chiaroscuri. Lascia un po’ perplessi il fatto che, oltrepassata questa sorta di porta monumentale imponentissima, vi sia solo una galleria coperta con modesti negozi, molto piccola, e nulla più. Ai lati del complesso vi sono panchine, una fontana e un quieto piazzale dove scorrazzano alcuni ragazzini che fanno acrobazie con le biciclette. Le ore passano veloci. Il sole sta già tramontando e il rientro verso la città vecchia mi regala la vista della Moschea del Venerdì ora completamente illuminata di blu intenso.
In pochi minuti è tutto buio ma molte sono le luci dei tanti negozi ora aperti. Nei giorni successivi ho modo di perlustrare molto bene la parte vecchia e dilungarmi anche in molti luoghi più periferici della città. Il dedalo di viette senza macchine comincia a divenirmi famigliare, e scopro interessanti edifici, in verità più affascinanti per il contesto in cui sono inseriti piuttosto che per la loro bellezza intrinseca. La prigione d’Alessandro è poco più di un cortile ai lati del quale vi sono alcune stanze dove sono esposti souvenir e l’androne sotterraneo ove vi era la prigione vera e propria. Nei pressi c’è il Mausoleo dei Dodici Imam, con la cupola color sabbia, proprio vicino ad un’area della città vecchia dove v’è un giardinetto alberato, alcune torri del vento ben visibili e un bel caffè dove si può sorseggiare un buon tè accompagnato da frutti di melograno fresco, oppure degustare il gelato leggero chiamato faloodhe, più caratteristico della città Shiraz piuttosto che di Yazd. Passeggio nuovamente fino alla Moschea del Venerdì, passando per la casa storica Khan-e Lari dove si possono studiare, dal basso, i meccanismi delle torri del vento, e poi fino al complesso di Amir Chakhmaq fino ad altri due luoghi realmente particolari che si trovano verso la periferia e che sono facilmente raggiungibili in taxi. Si tratta di due importanti siti zoroastriani, ove ancor oggi si radunano migliaia di credenti di questa antica religione a noi sconosciuta.
Il primo è il Tempio del Fuoco (Ateshkadeh), un po’ deludente, una sorta di tempio abbastanza moderno che ha la facciata abbellita da un piccolo colonnato, all’interno del quale brucia una fiamma, si dice, vecchia oltre millecinquecento anni. Il secondo luogo è invece a mio avviso molto più affascinante. Fuori città si può raggiungere la spianata con le Torri del Silenzio zoroastriane (Dakhmeh-ye Zartoshtiyun), che sotto il cielo azzurro si stagliano, colline antichissime, con le loro costruzioni cilindriche sulla sommità. Fa un certo effetto pensare che ancora fino a una sessantina di anni fa in questi luoghi venivano lasciati i defunti alla mercè di animali ed eventi atmosferici, secondo i dettami della religione zoroastriana. E’ un luogo mistico, silenzioso (se non vi sono troppi turisti) ove la natura e l’architettura antica si fondono in modo perfetto… I due giorni a Yazd volano. Vi è ancora il tempo di visitare i giardini di Bagh-e Dolat Abad, che non mi colpiscono più di tanto, ma anche di ritornare più volte alla Moschea del Venerdì ammantata dai colori del mattino ma anche dalle luci blu che vengono accese dopo il tramonto. Penso che devo organizzare anche una escursione di mezza giornata in un paio di siti fuori città, Fahraj e Seryazd (scriverò a riguardo di questa escursione in un altro post), che dovrò per forza fare nell’ultimo giorno prima della partenza da Yazd. E intanto sotto le luci blu della moschea degusto alcune paste che ho appena acquistato da un fornaio. Si perché questa città è famosa anche per i suoi dolci prelibati.
Infine come ogni sera raggiungo il mio piccolo albergo, dentro una casa tradizionale nella città vecchia, per cenare sul divano persiano a lume di candela, sorseggiando una birra rigorosamente analcolica.
Link utili:
UNESCO World heritage – scheda (English)
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