Windhoek e il Kalahari – viaggio in Namibia 1/6

Durante l’estate del 2004 decidemmo di intraprendere un viaggio in un paese molto particolare. Un paese grande quasi tre volte l’Italia, ma con una popolazione pari appena a quella della sola Calabria, poco più di due milioni di abitanti per lo più residenti nella capitale e in un paio di città maggiori. Un paese tropicale, ma con una lunga costa affacciata sull’Oceano Atlantico tra le più inospitali del mondo, battuta da schiumose e gigantesche onde d’acqua gelida, habitat naturale di pinguini, foche e balene. Un paese in gran parte ricoperto da un deserto di terra rossa e disseminato di piste di terra battuta con qualche rara strada asfaltata. Un paese con canyon scavati da fiumi millenari, con foreste rigogliose e con parchi naturali che ospitano una fauna eccezionale. Un paese abitato da molte etnie antichissime e diverse tra loro, che è stato colonia tedesca e che, in molte costruzioni, ricorda alcuni sobborghi del Tirolo, pur trovandosi in Africa. Questo paese è la selvaggia Namibia.

La strada che dall’aeroporto conduceva alla capitale Windhoek era asfaltata e relativamente poco trafficata. Ciò nonostante il tragitto fu un po’ problematico sia per la guida a sinistra (era la prima volta in assoluto che guidavo un auto con il cambio a sinistra e il volante a destra) sia perchè, in più di un’occasione, dovetti frenare bruscamente per evitare uno dei numerosi babbuini che attraversano la strada all’improvviso. La Namibia rivelò subito il suo carattere selvaggio ed esotico.

Ci volle poco tempo per abituarsi alla guida, anche se ad ogni sorpasso (a destra) ed a ogni immissione in una rotatoria (da percorrere in senso orario) dovevo concentrarmi in modo particolare. Ci volle più tempo per abituarsi invece all’insolito modo di regolare le precedenze agli incroci sulla base dell’ordine di arrivo delle autovetture.

Christuskirche a Windhoek (Namibia)

Christuskirche a Windhoek (Namibia)

Dopo circa un’ora eravamo già al nostro albergo, un piccolo bed and breakfast poco fuori Windhoek, immerso in un bel giardino di bouganville con una piccola piscina impraticabile per la temperatura molto fredda dell’acqua (eravamo nel pieno inverno dell’emisfero australe). In questo periodo dell’anno il clima è molto asciutto. La temperatura durante il giorno, specie nelle località dell’entroterra, è molto gradevole ma la notte è decisamente fresca. La costa è invece battuta da venti freddi e umidissimi. Decidemmo di dedicare il pomeriggio alla visita della città. Windhoek è la piccola capitale sviluppatasi tra la fine del ‘800 e gli inizi del ‘900 sotto l’influenza dell’occupazione tedesca. La città, situata a oltre 1600 metri di altezza, è raccolta attorno al suo centro dove si trova la particolare chiesa luterana tedesca Christuskirche, nei pressi della quale sorge la statua equestre ai soldati tedeschi. Vedere quel tipo di costruzione, un misto di gotico e art-nouveau in pietra arenaria, a quelle latitudini tropicali ci fece una certa impressione. Vicino alla chiesa c’era una moltitudine di studenti, prevalentemente bianchi, vestiti con uniformi blu, tipo college inglese. Continuammo per un interessante itinerario pedonale notando immediatamente il grado di pulizia delle strade e dei negozi. Del resto è risaputo che la pulizia è un’altra delle peculiarità della Namibia. Perfino l’allora presidente del Brasile Lula, con una celebre gaffe, affermò che la Namibia è talmente pulita da non sembrare un paese dell’Africa.

Partimmo da Windhoek la mattina seguente in direzione di Mariental, appena a sud del tropico del Capricorno, dove avremmo dormito una notte presso un lodge nel deserto rosso del Kalahari. Fu quello, di fatto, l’inizio del lungo viaggio attraverso le piste sterrate del paese: si perchè almeno a quel tempo, ad eccezione della strada che da Mariental conduceva a sud fino a Ketmanshop e poi a ovest verso la città costiera di Luderitz, la quasi totalità della Namibia era un dedalo di piste sterrate, più o meno larghe e più o meno lisce e battute, che attraversavano immense riserve e fattorie recintate. Spesso su quelle piste non si incrociavano altri veicoli per decine di chilometri e i distributori di carburante, così come i centri abitati, erano molto rari. Era essenziale pertanto viaggiare sempre con il serbatoio pieno, facendo rifornimento ad ogni occasione, con una buona scorta d’acqua e prestando attenzione al numero e alla lettera delle piste ad ogni incrocio.

Prima di dirigerci verso Mariental, decidemmo di fare una breve visita al Daan Viljoen Game Park, una riserva a 25 chilometri a ovest di Windhoek.

gnu al Daan Viljoen Game Park (Namibia)

gnu al Daan Viljoen Game Park (Namibia)

Diversamente da altri parchi, non essendoci sostanzialmente alcun animale pericoloso, fu possibile percorrere un breve itinerario a piedi tra la natura selvaggia. Alla fine, complice anche il caldo, non riuscimmo a scorgere che qualche uccello e un piccolo branco di gnu che si stavano riposando sotto un basso albero e che si alzò in modo irrequieto, pronto a scattare, non appena ci vide. Per arrivare a Mariental, attraversando il Tropico del Capricorno, imboccammo la prima delle numerose piste della Namibia. Avevamo noleggiato una normale berlina, in quanto, secondo le indicazioni che avevamo ricevuto anche dai residenti, i carissimi fuoristrada a noleggio erano strettamente necessari solo per visitare la parte del Caprivi a nord del paese. All’inizio la guida non fu molto agevole. Per avere una migliore tenuta di strada e per scongiurare per quanto possibile eventuali insabbiamenti, avevo provveduto a sgonfiare un po’ le ruote. Lo sterzo, a causa del terreno sconnesso, vibrava molto e occorreva contrastare in continuazione la tendenza dell’autovettura a sbandare lungo le tracce lasciate da altre autovetture. Presi la mano un po’ alla volta e capii che il modo migliore di procedere, tenuto conto della esiguità del traffico, era quello di guidare stando in mezzo alla pista, evitando assolutamente i bordi dove c’erano pietre, che avrebbero sicuramente tagliato i pneumatici, e cumuli di sabbia sui quali si poteva sbandare facilmente finendo fuori strada tra i cespugli. Occorreva poi regolare la velocità entro precisi limiti (divenendo più pratico mi accorsi che ogni pista, a seconda della superficie, ne aveva uno proprio) oltre i quali si scivolava come se si guidasse sulla neve. Era infine essenziale, incrociando un altro veicolo, moderare di molto la velocità e chiudere completamente i finestrini per evitare che nuvole di sabbia e polvere invadessero l’abitacolo.

Raggiungemmo il lodge dei dintorni di Mariental nel tardo pomeriggio. Avevamo già guidato per oltre sette ore, percorrendo i primi trecento chilometri di pista, e avevo gli avambracci molto affaticati per lo sforzo. Ci eravamo fermati solo per una breve sosta ad un supermercato, scovato letteralmente in mezzo al nulla, dove comprammo un paio di grandi taniche d’acqua e qualche cosa da mangiare. Scoprimmo subito che al cancello di ingresso della riserva, all’interno della quale c’era il nostro lodge, non c’era nessuno. Non essendoci poi copertura per i cellulari non c’era modo di informare il personale del nostro arrivo. Un po’ perplessi decidemmo di aprire il cancello chiuso da una pesante sbarra e di provare a raggiungere il lodge, che distava qualche chilometro, da soli. Però non c’erano indicazioni e percorrendo le piste di sabbia non battuta, specie ai bordi, si correva il concreto rischio di rimanere bloccati. Fortunatamente, appena prima di sprofondare nella sabbia accumulata ai lati di una curva leggermente in salita, dal lodge qualcuno ci scorse e ci venne incontro. Il posto era meraviglioso. Avevamo un bel bungalow dal quale si potevano ammirare bellissimi paesaggi del deserto rosso del Kalahari e dell’intera riserva, molto vasta, che ospitava numerosissimi animali, specie erbivori ma anche qualche felino predatore. Prima di cena decidemmo di partecipare ad una escursione a bordo di un fuoristrada che ci condusse un po’ in giro alla scoperta di antilopi, gnu, zebre, giraffe e di molte specie di uccelli. La riserva ospitava anche dei predatori, qualche leone oltre che sciacalli, di cui però non vedemmo traccia.

La serata si concluse con un suntuoso barbecue all’aperto, sotto il cielo incredibilmente stellato dell’altopiano a oltre mille metri di altezza, dove vennero servite delle memorabili salsiccie e braciole di numerosi tipi di erbivori, specie springbok, gemsbok e kudu.

Links utili:

Namibia Tourism Board (Government Agency)

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