Sossusvlei e il deserto del Namib – viaggio in Namibia 4/6

La stanchezza accumulata nei giorni precedenti si fece sentire. Ci svegliammo infatti ben oltre l’ora programmata e lasciammo Luderitz a metà mattinata. Pensai che non vi fosse alcun problema: c’erano ancora circa nove ore di luce per raggiungere Sesriem, nei pressi del deserto del Namib e di Sossusvlei, dove ci saremmo fermati due notti. Sarebbe stata una tappa di trasferimento. L’unica sosta prevista era al Duwisib Castle, il castello in stile barocco che spicca in un paesaggio tipicamente africano e che costituisce un’altra delle innumerevoli curiosità della Namibia.

Raggiungemmo molto velocemente Aus e, svoltando verso nord, imboccammo la pista su cui avremmo viaggiato per circa trecento chilometri. Mi accorsi quasi subito che la velocità di marcia consentita dalla pista era di molto inferiore rispetto al consueto. Il terreno era infatti molto sconnesso, a tratti profondamente ondulato quasi come ci fossero innumerevoli dissuasori, uno dopo l’altro, che non potevano essere attraversati a forte velocità. Inoltre dei grossi sassi sbucavano all’improvviso dalle ondulazioni ed anche guidando a centro pista c’era il rischio di colpirne qualcuno. Mi assestai su una velocità media di circa cinquanta chilometri orari pensando comunque di raggiungere Sesriem prima che facesse buio.

Forse questo è l’aspetto più problematico (e per certi versi più affascinante) di viaggiare attraverso la Namibia: le innumerevoli piste che si succedono per chilometri senza indicazioni, la scarsità di centri abitati e di distributori di carburante, la totale assenza di illuminazione e i molti animali selvatici che vagano liberi per il paese rendono assolutamente sconsigliabile guidare di notte.

Proseguimmo in direzione Neisip, poco più di un punto sulla cartina, alla volta di Helmeringhausen, un minuscolo insediamento dove però avremmo potuto rifornirci di carburante. La guida era stata scorrevole per tutta la mattinata con l’unico piccolo imprevisto di una coppia di facoceri che attraversò di colpo la pista facendomi sterzare bruscamente. Fu a circa ottanta chilometri da Helmeringhausen che accadde tutto all’improvviso.

Incrociammo un voluminoso fuoristrada e, come di consueto, chiudemmo i finestrini per entrare nella nuvola di sabbia che l’auto si lasciava dietro. Dopo qualche centinaio di metri, appena fuori dalla nube, un grosso sasso comparve improvvisamente a centro della strada e, nonostante un disperato tentativo di sterzata, non riuscii ad evitare la pietra, squadrata e tagliente, colpendola con il bordo del pneumatico anteriore destro. Capìì subito che la ruota si era completamente squarciata e, scendendo dall’auto, pensavo con molta preoccupazione soprattutto al fatto che avevamo una sola ruota di scorta e che sarebbe stato un grosso guaio se una seconda ruota fosse stata danneggiata dall’impatto con la pietra. Lentamente cominciai a fare il giro dell’auto. Il lato posteriore destro era intatto. Bene! Pensai che alla peggio avremmo potuto raggiungere il primo centro abitato anche con un copertone a terra, guidando molto lentamente, e lo avremmo quindi sostituito con il cerchione alla prima occasione. Il posteriore sinistro era intatto. No, ripensai. Non potevamo guidare con un pneumatico a terra per ottanta chilometri su quella pista sconnessa. Avremmo rischiato di danneggiare il semiasse o le sospensioni e di rimanere fermi su una strada aspettando per ore che qualcuno passasse. Con preoccupazione crescente mi diressi verso l’anteriore sinistro considerando che quella era stata l’altra ruota molto sollecitata dalla sterzata brusca. Quella ruota doveva essere intatta altrimenti sarebbe stato un guaio. Mi fermai ad osservarla.

Il copricerchione era profondamente segnato ma, incredibilmente, il pneumatico era integro.

Ci vollero oltre tre ore per cambiare ruota, raggiungere Helmeringhausen a velocità ridotta per scongiurare ulteriori forature che sarebbero state fatali e poi attendere che l’unica officina della regione cambiasse il pneumatico. Helmeringhausen, un centro con quattro case di numero, un distributore di carburante ed un minuscolo hotel, fu per noi una vera e propria ancora di salvezza.

Duwisib Castle (Namibia)

Duwisib Castle (Namibia)

Proseguimmo per il Duwisib Castle che raggiungemmo a metà pomeriggio. In poco tempo visitammo l’ampio giardino interno, e alcune stanze dove vi erano importanti collezioni di armature del XVIII secolo. L’edificio era veramente curioso: un vero e proprio castello, raccolto, fatto edificare nel 1909 in una spianata desolata dal barone Hans-Heinrich von Wolf, appartenente ad una nobile famiglia di Dresda, utilizzando materiali e manodopera in gran parte proveniente dalla lontana Europa.

Terminata la visita riprendemmo la marcia verso Sesriem. La pista nel frattempo era diventata molto più liscia e questo ci consentiva di procedere a circa novanta chilometri orari, ma la stanchezza cominciava a farsi sentire: solo dopo un po’ ci accorgemmo infatti di avere il sole alle nostre spalle mentre, dovendo raggiungere l’ovest del paese, a quell’ora del giorno avremmo dovuto averlo direttamente in faccia.

Era successo che ad un incrocio, situato una trentina di chilometri prima, avevamo imboccato la pista per Maltahohe, che progressivamente virava verso est, ed ora dovevamo tornare sui nostri passi. La deviazione di oltre sessanta chilometri fu l’ultimo inconveniente di una giornata un po’ troppo “avventurosa”. Il sole intanto cominciava a calare oltre l’orizzonte e, con una certa preoccupazione, arrivammo al nostro lodge sperduto quando era ormai buio.

dune del Namib (Namibia)

dune del Namib (Namibia)

La visita delle dune del Namib il giorno seguente fu magnifica. Raggiungemmo l’ingresso dell’area protetta e da qui, percorrendo la lunga strada che attraversa il primo tratto del deserto con ai lati alcune dune, l’area adibita al parcheggio. Decidemmo quindi di incamminarci lungo una pista di sabbia lunga circa tre chilometri sotto un sole cocente. Alla fine raggiungemmo Sossusvlei, la vasta piana di fango (in quella stagione secco) da cui svettano piccoli alberelli senza foglie, circondata da dune di sabbia rossa che cambiano colore nel corso della giornata. Il gioco di luci ed ombre disegnava sulle dune particolari motivi a forma di esse. Per un paio di ore rimanemmo sdraiati sulla sommità della duna più alta, ben oltre i cento metri, dalla quale si poteva ammirare un sensazionale panorama di tutta l’area sottostante. La cresta della duna era intatta e quasi affilata.

Sossusvlei (Namibia)

Sossusvlei (Namibia)

Il vento modellava in continuazione quelle forme già perfette e in poco tempo cancellava le impronte che avevamo lasciato. Le dune sembrano quasi vive: si rigenerano in continuazione pur rimanendo stabili per millenni. Notammo che il profilo della cresta era così netto che su un versante la sabbia era talmente rovente da non poterla sfiorare a piedi nudi mentre sull’altro versante, a pochi centimetri, il vento la raffreddava decisamente e ci si poteva quindi camminare scalzi.

Solo nel tardo pomeriggio tornammo all’auto usufruendo di un passaggio da uno dei numerosi fuoristrada a pagamento che prestano servizio regolare ogni mezzora raggiungendo il nostro lodge verso il tramonto.

Links utili:

Namibia Tourism Board (Government Agency)

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