Qobustan e i petroglifi (Azerbaijan)

Appena fuori dalla capitale Baku, guidando verso sud-ovest, il panorama cambia d’improvviso. Già ai limiti della città si incontrano aree sabbiose e disabitate, punteggiate da centinaia di pompe petrolifere che lentamente compiono i loro movimenti rotatori. Alcune di esse sono ingabbiate in strutture di ferro proprio a ridosso del centro abitato, come quelle collocate su un ampio piazzale nei pressi dell’imponente ed esclusiva Crystal Hall.

Qobustan, panorama (Azerbaijan)

Qobustan, panorama (Azerbaijan)

Nel quartiere Sabail le case sono molto più modeste e le strade molto polverose rispetto allo sfavillante centro di Baku. Dalla rotonda 20-ci Saha (Yiriminci Saha) partono numerosi autobus, alcuni un po’ mal ridotti, che percorrono la via che affianca per vari tratti la costa del Mar Caspio fino alle regioni più occidentali dell’Azerbaijan. Da queste parti, ad una sessantina di chilometri dalla capitale, c’è una cittadina sperduta che merita un’escursione di una mezza giornata per le sue attrattive alquanto insolite. Si tratta di Qobustan, villaggio di meno di quattromila abitanti, meta non propriamente turistica ma importante luogo di antichissime incisioni rupestri, di formazioni rocciose che offrono spettacolari viste sui paesaggi semi-desertici a ridosso del Caspio e di spianate grigie da cui sbucano degli strani vulcani in miniatura che eruttano fango liquido. Gran parte di quest’area è inclusa in un Parco Nazionale patrimonio Unesco. Qobustan è anche sede di un piccolo ma moderno museo, magnificamente tenuto, con i reperti dei primi insediamenti umani risalenti ad epoche comprese tra i 20.000 e i 40.000 anni fa. La meta può essere raggiunta facilmente in taxi, partendo da qualsiasi punto di Baku, ma le tariffe in questo caso sono abbastanza alte, anche più di 120$ per una andata e ritorno. Se si viaggia da soli o in coppia a mio avviso questa non è certamente la soluzione ideale. Molto meglio (in totale si spende meno di un quinto) partire da una delle fermate di autobus sulla Neftchilar Prospectif, dove passano i moderni ed economici autobus diretti verso il quartiere Sabail, e scendere alla fermata 20-ci Saha.  Da qui, salendo su un altro autobus extraurbano, nel giro di una quarantina di minuti si può raggiungere la desolata periferia di Qobustan.

pozza di petrolio (Qobustan, Azerbaijan)

pozza di petrolio (Qobustan, Azerbaijan)

Occorre poi trovare un taxi (contrattando prima il prezzo e non pagando alcunchè in anticipo onde evitare spiacevoli “fraintendimenti”) per raggiungere i vari siti di interesse: il museo, le formazioni rocciose con i petroglifi e, infine, i vulcani di fango. Durante la mia visita tutto si è svolto in modo molto veloce e senza problemi particolari. Già sull’autobus extraurbano il controllore mi ha chiesto se avessi già prenotato un taxi per muovermi a Qobustan. Visto che non avevo organizzato ancora nulla, una volta accordati sul prezzo, si è arrangiato lui stesso a telefonare a qualche suo conoscente che mi avrebbe poi aspettato alla fermata. Nel frattempo avevo già notato una coppia di viaggiatori (madre e figlio) sul mio stesso autobus e ho colto l’occasione per chiedere se fossero interessati a condividere la vettura. Certo che si! E così ho trascorso l’intero pomeriggio con Dimitri e Svitlana, provenienti da Kiev, alla scoperta di questa strana regione. Il viaggio da Baku si è svolto lungo una strada abbastanza trafficata che costeggia il mar Caspio, visibile oltre un muro che divide la carreggiata dalla spiaggia. Il paesaggio è un po’ desolato. Il “mare” in realtà appare come una gigantesca macchia scura e oleosa d’acqua immobile e, in lontananza, non si vedono fari o imbarcazioni quanto strutture metalliche per l’estrazione del petrolio, qui onnipresente. Sorprendetemente, di tanto in tanto, il lungo muro di cinta è interrotto da alcuni varchi d’accesso agli stabilimenti balneari. Non riesco proprio a immaginare come potrebbe essere trascorrere una giornata disteso a prendere il sole su una di queste spiagge. Mi sono sembrate tutte deserte e un po’ angoscianti: una stretta lingua di sabbia scura bagnata da un’acqua cupa che assume colori iridescenti alla luce del sole, con imponenti strutture industriali a pochi passi.

camino del vulcano di fango (Qobustan, Azerbaijan)

camino del vulcano di fango (Qobustan, Azerbaijan)

La zona di Qobustan dove ferma l’autobus è poco più di un incrocio polveroso, dopo un cartello stradale appena leggibile. Il nostro taxista ci sta già aspettando su una piccola auto sgangherata che sputa un fumo nerissimo dal tubo di scappamento. Appena saliti notiamo che anche l’interno è mal ridotto: non ci sono cinture di sicurezza, tutto è polveroso, tutto vibra. Anche il cambio, che spesse volte non ingrana la marcia, dà notevoli problemi al nostro autista. Il quale, dal canto suo, ride: l’auto è “roba sovietica”, forse è vecchia e brutta ma è solidissima. Sarà… Il museo di Qobustan è moderno e interessantissimo, e ci sono numerose scolaresche in visita. Nelle sale sono custoditi alcuni importanti reperti con antiche incisioni preistoriche, sono presenti alcuni allestimenti che descrivono l’ambiente faunistico e antropologico di quei tempi, ci sono pannelli esplicativi sulle varie fasi evolutive di questi insediamenti e sul significato delle incisioni (centinaia di migliaia) scoperte nell’area. Ci sono rimandi anche ad altri importanti luoghi del mondo dove sono stati rinvenuti glifi tracciati sulla pietra e c’è anche il riferimento a Twyfelfontein in Namibia, visitata nel 2004. Dal museo parte una strada asfaltata che conduce alla sommità di una piccola collina. Qui, camminando in mezzo agli anfratti, si possono osservare alcuni dei petroglifi più importanti: figure umane, imbarcazioni, scene di caccia e di danza. Dalle piattaforme di roccia si domina tutta la pianura, brulla, e all’orizzonte si può osservare la linea azzura dove comincia il mar Caspio. Raggiungiamo nuovamente la nostra autovettura e l’autista ci chiede di anticipare una parte della somma pattuita. Il serbatoio è quasi a secco e i vulcani fangosi non sono vicinissimi: occorre far rifornimento. Solo dopo un po’ mi rendo conto che il taxista sta discutendo animatamente, in russo, coi miei compagni di viaggio ucraini. Dimitri, che parla anche un inglese perfetto, mi informa che l’autista ha chiesto più soldi di quanto concordato: per lui la tariffa originaria era stata definita per un solo viaggiatore ed invece siamo in tre e la tariffa “agevolata” concordata sull’autobus valeva solo per me. Mi sa che per questo personaggio non ci sarà nulla da fare: Dimitri e io siamo irremovibili, di aumenti non se ne parla minimamente, anche perchè tutto (passeggeri, itinerario, tempi) è stato fissato al momento di iniziare la gita a Qobustan.

vulcani di fango (Qobustan, Azerbaijan)

vulcani di fango (Qobustan, Azerbaijan)

Riprendiamo il viaggio verso la piana dei vulcani, con un po’ di irritazione perchè so già che alla fine del giro dovremo discutere non poco con questo signore che ora sta guidando su strade sterrate segnate da profondissimi avvallamenti che ostacolano la marcia della piccola utilitaria. Attraversiamo una spianata con un paessagio quasi lunare costeggiando una grande pozza di acqua e petrolio iridescente. Mi fermo per scattare qualche foto perchè sono stato colpito da un’immagine bizzarra. Penso ad un pesaggio di montagna, con un piccolo laghetto alpino d’acqua cristallina e quieta sul quale si riflettono i profili di pini e abeti verdeggianti. Quello che ho davanti è quasi la stessa visione in chiave per così dire “industriale”: un laghetto d’acqua iridescente sul quale si riflette il profilo di un’alto traliccio elettrico con bracci che effettivamente ricordano un po’ i rami di un albero… Dopo un’ultima breve salita giungiamo infine al luogo dei vulcani di fango. Su uno sfondo tutto grigio si innalzano delle montagnole, alte qualche metro, sulla sommità delle quali vi sono piccoli crateri che eruttano fango liquido e caldo, sbuffando vapore. Noto che c’è una coppia di persone (due cicloturisti provenienti chissà da dove) che se ne stanno infilate dentro uno di quesi crateri gorgoglianti, immerse fino al collo dentro il fango come se fosse una vasca per idromassaggi. Sono tutte ricoperte di terra: viso, capelli, corpo. Come faranno a ripulirsi prima di riprendere il viaggio? Intanto osserviamo i piccoli torrenti di melma che scorrono dalle coste dei vulcani e il ribollire del liquido scuro. C’è un silenzio quasi surreale. In effetti tutto qui è un po’ strano: il paesaggio, la natura… E anche quelle due persone che sguazzano dentro i crateri e si lasciano scivolare lungo le montagnole.

Ritorniamo a Qobustan per far quindi rientro a Baku. Come temevo il taxista chiede il triplo dei soldi pattuiti. Dimitri, in russo, spiega nuovamente che non se ne parla proprio. Io, che non conosco il russo, mi limito a ripetere in inglese lo stesso concetto. Il taxista non sa cosa fare. Alla fine ci saluta calorosamente e se ne va via ridendo…

Links utili:

Unesco World Heritage – Gobustan Rock Art Cultural Landscape

Gobustan National Artistic Historical Preserve

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