Marrakech – Marocco

Arrivammo a Marrakech dopo aver percorso le ripide salite dello Tiz n Test, attraverso la catena dell’Alto Atlante. La strada tortuosa, che si inerpicava lungo i fianchi aspri delle montagne, offriva delle bellissime vedute sulla vallata sottostante. Di tanto in tanto, percorrendo i tornanti strettissimi, si aveva l’impressione di essere sul punto di cadere nella scarpata: l’asfalto della strada finiva a pochi centimetri dal bordo dei burroni e non c’era la protezione di alcun guard rail.

Koutoubia (Marrakech, Marocco)

Koutoubia (Marrakech, Marocco)

Lungo la via incontrammo veramente pochissimi veicoli, per lo più qualche autocarro che trasportava fieno avanzando lentissimo sulle lunghe salite, con il carico che ondeggiava paurosamente ad ogni curva. Valicato il passo il panorama cambiò repentinamente e le strade, che ora costeggiavano uliveti e frutteti, si fecero più larghe e trafficate. Ad un certo punto ci imbattemmo in una scena molto curiosa: sul bordo della strada vi era un albero sul quale si erano arrampicate una decina di capre che stavano brucando tranquillamente i germogli dai rami scheletrici. Arrivammo a Marrakech nel primo pomeriggio e subito notammo di essere capitati in una città molto turistica, con una grande medina esotica e numerosi palazzi straordinari e souq caotici. Fu però a Marrakech che il Marocco rivelò un aspetto che non ci piacque affatto: quello dei venditori troppo insistenti, delle false guide e dei poliziotti disonesti.

Medersa di Moullay Youssef (Marrakech, Marocco)

Medersa di Moullay Youssef (Marrakech, Marocco)

Durante il nostro lungo viaggio, che ormai durava da oltre due settimane, avevamo guidato in lungo e in largo per le strade del paese. Avevamo attraversato le caotiche città, le grosse arterie urbane fuori Rabat, le sperdute vie dell’interno, i paesini, le piste sterrate, i valichi di montagna e le vallate, i percorsi a sud fino alle porte del deserto. Però non avevamo mai avuto il benché minimo problema con i numerosi controlli di polizia lungo la strada. Questi controlli, frequentissimi, dopo alcune domande di routine circa il nostro itinerario, si concludevano sempre con i militari sorridenti che ci davano il benvenuto nel loro paese augurandoci un bel soggiorno oppure che ci chiedevano di fare molta attenzione, nei pressi dei villaggi, ai bambini che giocavano sul bordo delle strade. A Marrakech fu molto diverso. Appena imboccato uno svincolo, dove mi ero fermato per dare la precedenza, fui fermato da un poliziotto che mi contestò il mancato rispetto del segnale di stop intimandomi di pagare immediatamente una sanzione per evitare noie peggiori. Fu solo il mio categorico rifiuto a pagare senza avere un verbale scritto che convinse il poliziotto a lasciarmi andare senza infierire.

Palazzo Bahia (Marrakech, Marocco)

Palazzo Bahia (Marrakech, Marocco)

E ancora, il giorno seguente, un altro poliziotto palesemente in malafede mi contestò di essere passato con il rosso: cosa impossibile in quanto mi ero mosso da fermo, stando in seconda posizione di una lunga fila di autovetture, appena l’auto che mi precedeva era ripartita con il semaforo verde. In quell’occasione rimanemmo bloccati per un buon quarto d’ora per il controllo dei documenti, del contratto di noleggio e della patente, discutendo col militare che minacciava di condurci presso un non meglio precisato ufficio di polizia per ulteriori controlli che, testualmente, “ci avrebbero rovinato il viaggio”.

Tombe Saudiane (Marrakech, Marocco)

Tombe Saudiane (Marrakech, Marocco)

Però, anche in quella circostanza mi rifiutai categoricamente di pagare alcuna somma senza una contestazione scritta e, intravedendo una qualche esitazione del poliziotto, avanzai io la pretesa di essere accompagnato in commissariato. Lì, conclusi, qualcuno avrebbe potuto informarmi meglio dei miei diritti (capivo pochissimo il francese) e avrei potuto spiegare, a qualche ufficiale di grado superiore, che non avevo fatto nulla. Davanti alla nostra fermezza e alla nostra assoluta tranquillità il losco poliziotto alla fine ci lasciò andare in malo modo.

A parte questo aspetti legati al fare truffaldino di qualche individuo poco raccomandabile, Marrakech si rivelò una città magnifica.

ai Giardini Majorelle (Marrakech, Marocco)

ai Giardini Majorelle (Marrakech, Marocco)

Arrivammo nella parte vecchia della città percorrendo gli eleganti viali alberati della ville nouvelle fino alla minareto Koutoubia vero punto di riferimento della città, ai piedi del quale passeggiavano numerose persone. Marrakech è anche sede di bellissimi palazzi antichi ed eleganti. Al palazzo Bahia passeggiammo per il magnifico cortile, le stanze antistanti decorate con piante e maioliche, le sale più interne. Il palazzo el Badi, un tempo straordinario, è invece ridotto a poco più di un quadrilatero cinto da imponenti mura, all’interno del quale vi è un piccolo aranceto e qualche altra pianta. Sugli spessi muraglioni osservammo numerose cicogne che avevano fatto lì i loro nidi.

incantatore di serpenti a Jemaa el Fna (Marrakech, Marocco)

incantatore di serpenti a Jemaa el Fna (Marrakech, Marocco)

Visitammo anche il caotico souq, straripante di gente dove però i venditori ci infastidirono molto con un fare poco amichevole e dove fummo affiancati da sedicenti guide assillanti che offrivano i loro servizi non richiesti. Le tombe saudiane (o saadiane), dalle facciate decorate con stucchi e piastrelle, sono un altro magnifico complesso architettonico della città, così come la Medersa di Moullay Youssef, anch’essa ricca di stucchi decorativi straordinari. Durante i nostri tre giorni di visita avevamo deciso di spostarci unicamente con gli economici petite taxi rossi, anche per evitare di essere nuovamente fermati dalla polizia stradale. E così giungemmo agevolmente al bacino della Menara, appena fuori dal centro, dove passeggiammo per i vasti giardini, al tempo un po’ inariditi a causa della scarsa umidità, fino allo specchio d’acqua.

Molto più rigoglioso anche se dal sapore un po’ artificiale era al tempo il Giardino di Majorelle, progettato dal famoso pittore e aperto al pubblico dalla metà del ‘900, letteralmente colmo di fiori, cactus, bambù e altre piante esotiche che circondano una grande villa dai colori tendenti al viola-blu davvero magnifici.

A Marrakech ci concedemmo anche il lusso di una cena in un ristorante di alta cucina marocchina che si trovava nella città nuova. In un ambiente molto elegante ci furono serviti una decina di antipasti speziatissimi, prelibate tajine1 di agnello con uvetta e altre specialità raffinate.

notte a Jemaa el Fna (Marrakech, Marocco)

notte a Jemaa el Fna (Marrakech, Marocco)

Ma una atmosfera unica la trovammo nella vivacissima, quasi caotica, piazza Jemaa el Fna (Djemaa el Fna). Nel pomeriggio il sole inondava di raggi arancioni il grande spiazzo dove si erano assembrati gli acrobati, i cantastorie, i venditori d’acqua, gli incantatori di serpenti e gli ammaestratori di scimmie. Dalla terrazza di uno dei ristoranti intorno osservammo, letteralmente rapiti, quella umanità varia e un po’ bizzarra, in un contesto forse allestito ad uso e consumo dei turisti ma comunque affascinante.

Tutto intorno tantissima gente rumorosa che diveniva sempre più numerosa man mano che la sera avanzava al ritmo dei tamburelli e degli zagat2.

Poi fu buio. Migliaia di luci si accesero a illuminare la folla, i banchetti di spezie e i carretti dei venditori di spremute di arancia…

Links utili:

Unesco World Heritage – Scheda di Marrakech

Note:

1. tajine: pietanza di carne in umido servita su un piatto di terracotta circolare con un coperchio di forma conica.

2. zagat: strumento musicale composto da due piattini metallici che si infilano sul pollice e sull’indice e si percuotono per accompagnare la musica.

 

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