Il sistema di trasporto con i taxi collettivi in Uzbekistan sembra essere completamente inaffidabile ma, nonostante tutto, è invece incredibilmente efficiente. A Bukhara raggiunsi la stazione dei bus a nord della città e mi incamminai nello spiazzo sterrato dove sostavano i taxi. Come volevasi dimostrare fui subito preso in disparte da un tassista che, dopo avermi chiesto quale fosse la mia destinazione, mi propose un prezzo, scandalosamente alto per le tariffe in vigore. Contrattai per qualche minuto riuscendo a spuntare un prezzo di circa metà rispetto a quello di partenza. Si trattava ora di trovare altri passeggeri per riempire il taxi… Ma non ci fu alcun problema. Esiste infatti un secondo livello di contrattazione, tutto per mezzo di telefoni cellulari, tra tassisti che si “vendono” i passeggeri fissando a loro volta prezzi e conguagli a seconda delle varie destinazioni.
Nel mio caso fui “venduto” ad un secondo tassista che cercava un quarto passeggero per riempire il suo taxi fino a Navor, più o meno a metà strada tra Bukhara e Samarcanda. Lì, come scoprii successivamente, sarei stato “rivenduto” ad un terzo tassista a cui servivano due passeggeri per la tratta Navor-Samarcanda. D’altra parte il secondo tassista avrebbe riempito il suo taxi a Navor con quattro passeggeri per ritornare a Bukhara. Tutto funziona: i taxi viaggiano quasi sempre pieni, e io con solo 13 dollari americani e 5 ore di viaggio raggiunsi Samarcanda.
Capitolo tassisti. Va detto che a prima vista sembravano una categoria di persone da evitare: arcigni, dai modi bruschi, loschi e apparentemente poco raccomandabili, invece poi… Nel mio caso, una volta definito il prezzo, feci un viaggio tutto sommato tranquillo. Il tassista trentacinquenne che mi portò a Navor mi parlò orgogliosamente delle sue mogli e dei suoi quattro figli e mi chiese un po’ di cose sulla mia famiglia parlando un inglese molto stentato. Si sorprese molto quando gli dissi che avevo solo una figlia e che in Italia aver quattro figli è piuttosto raro. Il secondo tassista, che da Navor mi condusse a Samarcanda, aveva viaggiato molto. Aveva lavorato per anni negli Stati Uniti guidando camion, era stato in vari paesi d’Europa, in Italia (di cui conosceva praticamente solo le tangenziali e le autostrade del Veneto e i punti di frontiera con la Slovenia) e in Giappone (come turista, specificò subito). Conosceva l’inglese molto bene e, soprattutto, tutti i modelli di camion e di automobili. Qualunque mezzo di trasporto incrociavamo, vecchio o nuovo che fosse, sapeva dirmi marca, modello, anno e paese di costruzione…
Raggiunsi Samarcanda, insieme ai miei compagni di viaggio, un uzbeko e una coppia olandese, nel primo pomeriggio.
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