Khiva: il soggiorno – Appunti di viaggio in Uzbekistan 2/7

Il primo giorno del mio soggiorno mi resi conto di quanto fosse blu il cielo di Khiva. In effetti le città monumentali dell’Uzbekistan sono magnifiche, specie nel tardo pomeriggio quando tutti i colori tendono al giallo. Il paese non è ricco, anzi. Con la dissoluzione dell’Unione Sovietica per molti le cose sono peggiorate. La crisi mondiale, la fragilità del tessuto economico e un regime di governo non democratico hanno fatto il resto, portando nel 2012 l’Uzbekistan ad essere al 130° posto tra i paesi del mondo come Pil pro capite. E tuttavia la bellezza delle città d’arte e il carattere amichevole delle persone lo rendono un paese unico.

Subito visitai la piccola città vecchia a Khiva (Icon-Qala), i monumenti principali, i minareti, le medresse, il Khuna Ark, la moschea Juma e qualche centro di artigianato. Mi persi quindi volutamente in un dedalo di viette silenziose fino a sbucare alla porta nord. Tornando poi lungo la direttrice principale, la bella strada che collega le porte est e ovest della città, mi fermai per un paio d’ore in un bel ristorante all’aperto, sotto gli alberi, a sorseggiare tè nero e a riposarmi. Lì, relativamente presto rispetto all’Italia, giunse veloce il tramonto.

Il giorno successivo decisi di fare una escursione nel Khorezm settentrionale alla ricerca dei castelli nel deserto di Elliq-Qala. Prenotai un taxi privato e così conobbi Eldor, appassionato di musica italiana, che per mezza giornata mi scarrozzò (qualche volta perdendosi) tra le fortezze. Fuori dalle città il traffico di automobili era praticamente inesistente. Si vedevano soltanto asini, biciclette, motociclette e ogni tanto qualche pulmino o qualche vecchia autovettura, rigorosamente a metano. I paesaggi in questa zona sono caratterizzati da vaste piantagioni di cotone, che hanno praticamente rovinato gran parte del territorio coltivabile in Uzbekistan, da lingue di terreno brullo, da strade mal asfaltate e da qualche corso d’acqua che a volte alimenta delle fatiscenti e piccole centrali elettriche. Di improvviso le piantagioni si interruppero, il colore verde e bianco delle piante di cotone fece posto alla sabbia, gli alberi diradarono e, inaspettatamente, ci trovammo in pieno deserto. Eravamo giunti nella zona di Elliq-Qala e all’inizio di un deserto, vasto centinaia di chilometri, che continua fino al confine col Kazakistan e al mare di Aral. La visita delle fortezze, interessanti più per il contesto che per la loro architettura, durò 4-5 ore al termine delle quali decisi di seguire l’idea di Eldor di fermarci a Urgench per un pranzo a base di spiedini di carne e birra.

Birra. Non che in Uzbekistan non siano buone, ma… Mi accorsi subito che, ordinando senza specificare null’altro, i camerieri avrebbero portato una birra bionda con contenuto alcolico che poteva avere, in base alla casualità, da un minimo di 4-5 gradi ad un massimo di 12-14 gradi. Da quel giorno capii che avrei dovuto specificare sempre la gradazione alcolica. E capii anche che era perfettamente inutile chiedere che la birra fosse fredda: la birra sarebbe stata servita inevitabilmente tiepida.

La sera tornai a rivedere Khiva al tramonto con il suo cielo blu, la sua quiete, le sue mura. Il mattino dopo mi sarei dovuto svegliare di buon’ora per raggiungere Bukhara. Il viaggio sarebbe durato almeno otto ore ed io dovevo ancora procurarmi un mezzo di trasporto.

Links utili:

Ministry of Foreign Affairs of the Republic of Uzbekistan (Tourism)

Unesco World Heritage – Scheda di Khiva

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